Il racconto del “Viaggio della Memoria 2023”
Dal 4 all’8 maggio gli studenti risultati vincitori del Concorso “Comunicare per non dimenticare” – frutto della collaborazione tra Comune di Prato, Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza, ANED e associazione per il Gemellaggio Prato e Ebensee – dell’I.S.I.S. Gramsci – Keynes di Prato hanno avuto la possibilità di partecipare al Viaggio della Memoria nei campi di concentramento di Ebensee, Mauthausen, Gusen e nel Castello di Hartheim (ex centro di eutanasia).
In questi giorni gli alunni che hanno partecipato a questo viaggio dell’anima si sono posti mille interrogativi, molti dei quali rimasti senza alcuna risposta.
Cos’è la memoria? Sul vocabolario Treccani troviamo questa definizione << il termine indica la capacità di ritenere traccia di informazioni relative ad eventi, immagini, sensazioni di cui si sia avuto esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato riconoscendole come stati di coscienza trascorsi (…)>>. Ecco è proprio quello che gli studenti hanno sperimentato ‘dentro’ e ‘fuori da sé’ attraverso immagini, celebrazioni, e momenti di riflessioni.
Il viaggio si è trasformato in marcia, pellegrinaggio, riflessione, momento di silenzio articolato in questa modalità:
Il 5 maggio La prima tappa del viaggio è stata quella della visita all’ex Lager nazista e al Museo di Mauthausen. Il campo fu costruito nel 1938 e qui furono internati gli oppositori politici e asociali austriaci (persone ai margini della società). Nel campo di Mauthausen arrivavano i deportati irrecuperabili, quindi destinati alla morte. Negli anni arrivarono nel campo deportati da 40 Paesi diversi. I deportati italiani arrivarono nel 1944 in un periodo in cui era richiesta la manodopera per la costruzione di armi.
Il campo di Mauthausen fu quasi esclusivamente maschile e molti di loro morirono nella cava di granito, circa 13.000 furono i deportati ebrei. Il campo verrà liberato il 5 maggio dall’esercito americano.
Il campo si trovava vicino alla stazione ferroviaria e da lì i deportati erano costretti a camminare e raggiungere il Lager a piedi, molte volte scalzi e nella neve. Dal campo passarono circa 200.000 deportati e nel marzo del 1945, dopo la marcia della morte si contavano circa 84.000 anime, alla liberazione solo 17.000 e tra loro si trovava Peter (amico di Anna Frank) e che morirà in infermeria pochi giorni dopo la liberazione.
Nel pomeriggio il gruppo pratese ha partecipato – accompagnato dagli amici di Ebensee – al Cammino della Pace lungo le stazioni della memoria del Lager di Ebensee, denominate: “Passaggio dei leoni”, “Cimitero”, “Gallerie”. Nel bosco, tra alberi e fango, gli studenti e gli altri partecipanti hanno potuto ‘rivivere’ la fatica, la paura e l’angoscia di affrontare un percorso tortuoso di cui non si conosce la destinazione. Nelle tre stazioni si sono susseguiti momenti di riflessione e condivisione, di silenzio e fragore ‘interno’, di canti e musiche. Ebensee era stata scelta come sede per un centro di collaudi missili per le sue favorevoli condizioni geologiche e topografiche. I fitti boschi, la cava di pietra già esistente e il collegamento alla ferrovia e la rete stradale offrivano le giuste premesse per questo progetto segreto.
Nel lager di Ebensee sono morti orribilmente, accanto a migliaia di persone provenienti da tutta Europa, più di 700 italiani tra cui decine di pratesi arrestati nel marzo nel 1944 e consegnati alle SS, in seguito allo sciopero generale organizzato dal Comitato di Liberazione Nazionale in tutta l’Italia centro-settentrionale. Le spoglie mortali di tanti tra loro riposano ancora nelle fosse comuni di questo grande cimitero europeo. Nel 1987 i sopravvissuti Roberto Castellani e Dorval Vannini firmarono un patto di gemellaggio tra le municipalità di Prato e di Ebensee, quale impegno concreto per l’affermazione dei valori della Pace e della solidarietà tra i popoli.
Dopo aver attraversato il bosco, si arriva difronte ad un antro buio, freddo, umido, inquietante. Il gruppo si trova all’ingresso delle gallerie sotterranee realizzate negli anni 1943-1945. In queste gallerie si sarebbe dovuto trasferire il centro militare di collaudo missili di Peenemünde. Il progetto fu subito abbondonato e questi luoghi furono destinati ad una raffineria petrolifera, destinata a produrre carburante e produzione di componenti per carri armati. I lavori di realizzazione del progetto camuffato sotto la denominazione “Zement” furono eseguiti impiegando manodopera condannata al lavoro coatto, prigionieri di guerra e detenuti provenienti dal campo di concentramento di Mauthausen. I prigionieri (età compresa tra 20 e 40 anni) venivano assegnati come manodopera alle ditte incaricate della costruzione delle gallerie. Malati e debilitati venivano scambiati con nuovi lavoratori. In quei luoghi oltre 8.300 detenuti avevano trovato la morte.
Il 6 maggio è stato celebrato il 78° anniversario della Liberazione (6 maggio 1945) del campo satellite di Ebensee. Sono intervenuti alla cerimonia lo scrittore e giornalista Karl-Markus Gauss, il signor Ron Manhelm figlio di un sopravvissuto Simon Manheim e ai rappresentanti delle associazioni internazionali delle vittime.
Il 7 maggio si è svolta la cerimonia Internazionale per il 78 ° anniversario della Liberazione dal Lager di Mauthausen utilizzato primariamente per sterminare gli avversari politici ed ideologici. Si è trattato di una vera e propria processione commemorativa intorno al campo. La delegazione italiana ha deposto le corone al monumento italiano, in un momento di fraternità e commozione internazionale.
Dopo la cerimonia il gruppo si è spostato presso il Memoriale e il Museo del Lager di Gusen, sottocampo del Lager di Mauthausen. Nel 1940 furono registrati i primi prigionieri, fino alla liberazione furono imprigionati circa 71.000 detenuti di quasi 30 nazioni. Dopo la liberazione, gran parte del campo fu distrutto e negli anni ’60 le organizzazioni internazionali fecero costruire a proprie spese un monumento attorno al forno crematorio. Fu inaugurato nel 1965 ed oggi rimangono poche tracce del campo e sulla maggior parte dei terreni, sui quali si sviluppava, si trovano oggi abitazioni residenziali. Il Memoriale rappresenta il luogo in cui furono effettuati i crimini, è un luogo di commemorazione.
Nel primo pomeriggio il gruppo si è spostato verso il Castello di Hartheim divenuto nel 2003 luogo della memoria per le vittime dell’eutanasia. Il castello fu Istituto di cura per disabili psichici e mentali dal 1898, dopo l’annessione dell’Austria al Terzo Reich, nel 1939, fu requisito dai nazionalsocialisti e adibito ad istituto di eutanasia. Qui, tra il maggio del 1940 e il settembre del 1941 furono uccise oltre 18.000 persone, principalmente per inalazione di monossido di carbonio all’interno della camera a gas, costruita in una delle stanze al piano terra. I numerosi certificati di morte redatti nello stesso giorno e la sparizione consistente di persone dalle strutture di cura iniziano a far sorgere nella opinione pubblica e nelle comunità cattoliche del luogo molti interrogativi. Tutto questo porterà all’interruzione di questo programma definito T4.
Vi furono portati, in seguito, prigionieri dai campi di concentramento di Mauthausen, Ravensbrück, Gusen e Dachau e si stima che le vittime furono circa 30.000. Il locale offre una panoramica di come si giunse al piano e quali fossero gli obiettivi perseguiti, l’operazione messa in piedi e i principali responsabili dell’intera organizzazione. Nel corso dei lavori di ricostruzione furono rinvenuti oggetti appartenuti alle vittime e molte tracce dei crimini commessi. Oggi questo castello è sede di un’associazione che si occupa di persone affette da forme di disabilità.
L’8 maggio il gruppo è rientrato in Italia e lungo il viaggio di ritorno i ragazzi, gli insegnanti e altri partecipanti hanno avuto modo di confrontarsi, riflettere sull’importanza della dignità dell’uomo, della tolleranza e della LIBERTA’, bene prezioso per la costruzione di una società che odia gli indifferenti, proprio come ha detto Antonio Gramsci, perché “L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare”.
Si ringrazia l’ANED, il Comune di Prato, la Fondazione del Museo della Deportazione, l’Associazione per il gemellaggio Ebensee-Prato, Enrico Iozzelli, Gabriele Alberti, Elena Bresci e tutti coloro che hanno permesso ai giovani di avvicinarsi a temi così delicati e impegnativi con professionalità e onestà intellettuale.
Link ai podcast di Pratosfera che ha seguito l’intero Viaggio della Memoria